Il Volto Santo conservato nel Duomo di San MartinoIndietroVolto Santo.

Esistono molti manoscritti, in Italia ed all’estero che riportano il racconto del Volto Santo, legato ad una forte e solida tradizione.
Una volta compiuto il sacrificio sul monte Calvario, Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, chiese ed ottenne di dare sepoltura al Maestro. Lo accompagnava Nicodemo, fariseo noto per la sua ricchezza e saggezza, come si direbbe oggi, una spiccata personalità politica e culturale, che recava con se quasi cento libbre di una mistura di mirra ed aloe, per imbalsamare il corpo di Cristo.
     Nicodemo, più tardi, si pose il compito di una missione: riprodurre nel legno l’immagine di Cristo morto sulla Croce, così come egli se la ricordava. Egli non era uno scultore, ma aveva così chiaro il ricordo di quella persona sofferente, che gli sembrava facile poterla riportare sul legno.
Fu così che iniziò il lavoro: utilizzò legno di quercia per la Croce, poichè quello era il materiale della quale era composta la Croce di Cristo, e decise di utilizzare cedro del Libano per l’immagine. Ma dopo aver scolpito il corpo, si arrestò di fronte alla difficoltà di riprodurre il Volto, quel Volto che lui ricordava così bene, ma che le sue mani non erano in grado di riprodurre.
     Dopo lunga preghiera, cadde addormentato, ed al suo risveglio ebbe la sorpresa di vedere l’opera compiuta da mano angelica.
Prossimo a morire, Nicodemo affidò l’opera a Isacar, uomo giusto e timorato di Dio. Quest’ultimo, affinchè la Croce non fosse cosa nota ai Giudei, la tenne nascosta e così, di generazione in generazione, fu segretamente custodita e venerata. Circa seicento anni dopo, giunse nei pressi del luogo dove la Croce era custodita, il Vescovo Gualfredo, al quale apparve in sogno un Angelo che gli svelò la presenza della Croce. Questa visione fu interpretata come la precisa volontà divina: la Croce sarebbe dovuto essere spostato da una terra di infedeli a un luogo dove ne fosse il culto pubblico.
    
Dopo averla trasportata alla riva della vicina città di Giaffa, la collocarono su una barca affidata alla Divina Provvidenza, che la facesse giungere in luogo degno. Nella barca posero anche due ampolle contenenti il sangue di Cristo raccolto da Giuseppe d’Arimatea con Nicodemo. Dopo un lungo viaggio, la barca giunse nei pressi di Luni, la qual cosa suscitò non poca curiosità da parte degli abitenti locali. Essi tentarono in ogni modo di avvicinarsi alla barca, ma invano: era progidiosamente sospinta ad ogni tentativo di avvicinamento.
     A capo della diocesi di Lucca, vi era allora un Vescovo era noto per aver traslato nella città i corpi di molti santi, al quale apparve in sogno un angelo che gli suggerì di andare a Luni a recuperare la barca ed il suo prezioso carico. Appena sveglio il Vescovo, con il clero ed un gruppo di fedeli si recò a Luni, ed una volta arrivato, dopo aver invocato il nome del Signore, vide la barca avvicinarsi.
    
     Nacque così una contesa su chi avesse maggiori diritti di tenere il simulacro: contesa risolta dal Vescovo di Lucca il quale stabilì che ai Lunensi sarebbe andata una delle due ampolle contenenti il sangue di Cristo, mentre i Lucchesi avrebbero tenuto la barca, la Santa Croce e l’altra ampolla. Tempietto di Matteo Civitali  (1484) , che conserva il Volto Santo
     Ma al momento della partenza dei Lucchesi, i Lunensi furono preda di un ripensamento e tornarono alla carica. Ancora una volta intervenne il Vescovo a risolvere la questione: la Santa Croce sarebbe stata posta su un carro trainato dai buoi e se i buoi lasciati liberi avessero trascinato il carro verso Lucca, il simulacro sarebbe stato dei Lucchesi, altrimenti sarebbe andato ai Lunensi.
     Così fu fatto, ed i buoi, appena liberi si indirizzarono verso Lucca. La sacra immagine fu così portata a Lucca ed accolta con grande gioia e spirito di trionfo, e collocata nella chiesa di San Frediano. I Lucchesi che si recarono la mattina dopo a pregare al cospetto del simulacro, ebbero un’insolita sorpresa: il Volto Santo non c’era più. Fu rintracciato in un orticello nei pressi della chiesa di San Martino, fatto fu interpretato come miracolo, in onore del quale, si procedette subito alla costruzione di una nuova chiesa.
     Il Volto Santo fu veneratissimo attraverso i secoli e meta di pellegrinaggi da tutta Europa. Divenne simbolo della citta'anche all'estero tanto che la sua effigie venne posta sui sigilli dei cambisti e sulle monete di Lucca.
A Lucca è consuetudine rendere omaggio al "Volto Santo" ogni anno, il 13 Settembre, con una caratteristica processione, la "Luminara".


I Voti al Volto Santo


Assieme ai tanti ex voto al Volto Santo, ne è presente uno assai singolare.
Si tratta di un trofeo di guerra, costituito da un insieme di crini di cavallo intrecciati insieme e montato su una asta di una bandiera strappata ai turchi durante la battaglia tenutasi il 5 Agosto 1716 nella città serba di Petervaradino.
     Il conte Stefano Orsetti al suo ritorno in patria l’offrì al Volto Santo, per la buona sorte ottenuta, così come è riportato nella lapide posta accanto.Adesso il Conte riposa nella chiesa di S. Francesco vicino a Castruccio Castracani.
La Mannaia
     Di fronte alla Cappella del Volto Santo, nella colonna di destra, si nota La mannaia "che non offendè un innocente". Poco sotto, una lapide in marmo ricorda il miracolo, uno dei tanti, effettuato dal Volto Santo, e dice: <<Fermati un momento ed ammira il prodigio. L’anno del Signore 1334 Giovanni di Lorenzo di Arras, implorato con preghiera l’aiuto di questa Santa Croce, la mannaia sollevata per la sua morte, lo conserva in vita e ne fa palese l’innocenza: poichè era stato falsamente accusato di omicidio, la gola prontamente sottopose al ferro; il ferro per ben tre volte si rende molle per salvarlo. Va ed impara he nessuna preghiera è più efficace dell’innocenza per ottenere prodigi.>>
     Tutto ciò deriva dal fatto che un viandante si fermò per rendere soccorso ad un uomo gravemente ferito. I vicini, accorsi alle grida dell’uomo, non vedendo l’omicida, cominciarono a mormorare, che doveva essere stato proprio lui, il soccorritore, tale Giovanni di Lorenzo di Arras, ad aver compiuto l’orrendo misfatto. Catturato, imprigionato, condannato alla pena di morte, egli disperato si rivolse con ardenti preghiere a Dio, fino a che, una notte, gli apparve in sogno il Volto Santo, dicendogli che non aveva nulla da temere, che lo avrebbe protetto Lui.
     Svegliatosi tutto contento e felice, aspettava da un momento all’altro l‘ora della libertà. Fatto sta che invece dell’ora della liberta, scoccò l’ora di andare al patibolo, di fronte al boia, con tutto il pubblico che gridava e acclamava. Il primo tentativo, il secondo, fallito anche il terzo, così come era usanza, il boia lo liberò, ed i presenti iniziarono subito a gridare al miracolo.

Adesso, a 650 anni di distanza, la mannaia è ancora conservata nella cattedrale a ricordo
perenne di quanto avvenne quel giorno.