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LUCCA

Al professor Guglielmo Lera

Sotto le mura
della mia città
in Primavera e in Estate
schiamazzano i ragazzi
e le loro risate
sul verde dei prati
rimbalzano intorno.
Li osservo dal viale
e mi ricordo
le grida di allora
coi compagni.
I turisti sciamano a frotte,
l'ammirano incantati,
la magica bellezza
riflettono negli occhi;
la sognano al Nord
tra boschi di neve,
la misurano ai castelli;
ma queste mura
che nascono dal verde
così massicce
e così gentili
con la corona degli alberi
fioriti
solo qui
si possono trovare
e, dentro,
gli uomini antichi
rievocare
sui selciati d'un tempo!
I tetti vicini,
il piccolo anfiteatro,
l'orologio della Torre,
il leccio dei Guinigi...
È davvero bella la città
e più bello ancora
è sentirla nella voce,
nei rumori
delle notti,
nel respiro
delle ombre,
nell'odore
dei suoi anni
come la sento io
che l'ho qui
dentro la carne,
dentro il mio cuore.
Oh, i portoni
consunti,
le logge
buie
dove mi nascondevo
col terrore
giocando,
quelle corse nelle strade
di sera
quando l'Estate era calda
e il Maggio aveva
il profumo delle rose!
Ogni pietra ha visto
i miei passi,
udito la mia voce
ed ogni volta
che varco le sue porte
lo sento che mi accoglie
contenta
la città,
mi riconosce
ed apre quelle braccia
così tenere,
così dolci.
I suoi rioni ricolmi
di umanità
di amicizie sconfinate
di faide efferate
di rancori
mi hanno fatto uomo.
Il turista non sa
di Cittadella e Pelleria
di Piazza e del Bastardo,
di ciò che pullula
nella via
dei suoi terzieri.
Se potesse sentire
anche questo
come lo sente il mio cuore
oh, certo rimpiangerebbe
il mio amore
e di non esser cresciuto
qua.

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